Rockerilla Dicembre 86

Lo spirito continua? Il punk 10 anni dopo secondo i Negazione

Tempo di anniversari, di celebrazioni: una decade è trascorsa dal fatidico 1976 e a tutti i costi si voglion fare bilanci, trarre conclusioni, stabilire con intenzioni autoptiche se il punk sia vivo o deceduto. Ne parliamo con i Negazione, che della scena nazionale (insieme a Wretched, Indigesti, Raw Power e Cheetah Chrome) sono tra i pochi ad aver avuto la forza e la convinzione d'imporsi nel circuito internazionale. I Negazione sono senz'ombra di dubbio 'punks' (in musica, parole e fatti), pensano-respirano-parlano-suonano (e sono dunque 'vivi'). Che, allora, alla faccia della sociologia mediocre e del pentitismo in voga, il 'punk' sia davvero 'vivo'?

«E' una domanda che non ci piace, perché significa considerare il punk come un movimento o un'organizzazione, e noi non crediamo sia così. Come del resto il punk non è un fatto spettacolare. Si tratta, secondo no di un'attitudine, alla quale ciascuno può dare il nome che preferisce e che può avere migliaia di caratteristiche diverse, una grande varietà di atteggiamenti e posizioni».

Non 'uno' ma 'mille' punk, allora. Che si può dire di quello nazionale?

«In questi ultimi anni sta attraversando un periodo di evoluzione, trasformazione, talvolta di deperimento. Dopo la grande e necessaria confusione iniziale, il fenomeno si diffuse e si saldarono i primi collegamenti tra le varie realtà: gruppi, collettivi, iniziative sparse. La repressione del fenomeno (fisica, nel senso degli spazi negati, e ideologica, sul piano dell'isolamento) innescatasi a quel punto ha però inevitabilmente provocato un calo di tensione. Molti hanno deciso individualmente la fine del punk dentro di sé. Così è accaduto che hanno resistito e si sono allargate le due tendenze estreme: la massima politicizzazione e la massima spettacolarizzazione. E ciò deriva anche dall'equivoco grave che è stato considerare il punk come fosse un 'movimento', che lo ha portato alla fine a diventare fortemente ideologico e a isolarsi. Noi crediamo, invece, che l'unica soluzione possibile sia quella di aprirsi il più possibile all'esterno, allargando i contatti e arricchendo la propria esperienza. Fare il primo passo (come è successo a noi) ha voluto dire muoversi senza farsi condizionare dall'ambito locale, innanzitutto abbattendo le frontiere che si hanno in testa, per far sì che suonare a Milano o ad Amsterdam significasse in definitiva la stessa cosa».

Forse questo vuoi dire meno riunioni e più fatti? Che in fondo è la vera differenza che passa tra ciò che è un 'movimento' e ciò che non lo è.

«Quel che dicevamo prima sulle condizioni precarie del punk, non significa che il punk è una moda, che prima sale e poi scende, per questo possiamo sostenere che lo spirito continua, dichiariamo la nostra voglia di insistere».

Di questa pratica, che è insieme 'militante' e non-ideologica, ricordiamo l'ultimo esempio: l'apparizione dei Negazione al meeting organizzato al Parco Rignon di Torino dalla Lega Ambiente, tra il 23 e il25 maggio. Quello fu anche l'ultimo (a tutt'oggi) concerto cittadino del quartetto, che con la restante parte della 'scena' locale (il Kollettivo Punx, innanzitutto, con il suo foglio Avaria e le sue iniziative pubbliche, ultima delle quali la clamorosa contestazione della prima nazionale di Sid & Nancy, al suono dello slogan, per la verità un pò riduttivo, de 'il punk sono me!') mantiene una relazione di buon vicinato, senza per questo condividerne idee e atteggiamenti. Sentiamoli su Torino e il punk, il punk e Torino.

«Da quando il punk è iniziato in città, parliamo del 1979 o giù di lì, sono successe molte cose, la situazione è profondamente cambiata. L'unico dato unificante che dal momento della ramificazione del fenomeno è rimasto comune a tutti è la lotta per ottenere spazi autogestiti, un obiettivo semplice ed efficace perché riguarda sia la vita quotidiana di ciascuno sia l'opportunità collettiva di vivere al di fuori dei circuiti ufficiali. A Torino sono state conquistate meno cose che altrove (Milano, Bologna, Pisa...) a causa principalmente dell'incredibile staticità caratteristica de/la città, che secondo noi ha però espresso negli anni scorsi alcuni dei migliori gruppi punk italiani, i quali tuttavia sono stati soffocati lentamente dalla realtà che li circondava. Torino spegne ogni impulso al cambiamento».

Di quelle lotte dure e silenziose (nessuno, o quasi, ne ha mai parlato, e si sa che la censura sull'informazione di questi tempi è il metodo più sicuro per reprimere qualsiasi fermento trasgressivo) i Negazione portano ancora i segni: assolti dall'accusa di occupazione di un cinema, due di loro devono attendere i benefici dell'amnistia per evitarsi una ventina di giorni in carcere comminatigli per via d'una irruzione nella sala del consiglio comunale. Dei quattro, tre sono di Torino (Marco, il bassista, Roberto, il chitarrista, e Zazzo, il cantante), mentre il batterista, Fabrizio, è triestino. I Negazione esistono pubblicamente dal 1983, mentre la prima documentazione sonora risale all'anno successivo: una cassetta divisa a metà con i concittadini Declino, trasformatasi successivamente in disco per il mercato britannico. Durante il 1985 hanno prodotto due 45 giri (Tutti Pazzi e Condannati a Morte) e quest'anno, infine, son riusciti a mettere insieme il primo 33 giri, che per l'appunto s'intitola Lo Spirito Continua (ed è venduto al prezzo imposto di 7.500 lire).

«Per noi fare dischi non è una cosa semplice. La scelta dell'autoproduzione, che è l'unica garanzia che abbiamo di controllare ciò che succede alla nostra musica, dai suoni alla distribuzione, è faticosa. E' perfino ovvio che rifiutiamo l'ottica dell'industria discografica ufficiale (di cui le cosiddette etichette indipendenti non sono che la caricatura in scala ridotta), perché riconosciamo che la sua funzione principale consiste nel manipolare le idee. Non ci sentiamo solo un gruppo, quindi, ma uno dei soggetti protagonisti del circuito alternativo, se si può chiamare ancora in questo modo».

Com'è avvenuta l'espansione fuori dai confini nazionali?

«Diciamo che c'è stata una crescita parallela delle capacità produttive ed espressive, ciò grazie soprattutto all'incremento del numero di concerti (ndr: superfluo sottolineare che si tratta solo di 'certi' concerti: fuori dalle strutture commerciali, con prezzi politici e, spesso, buone cause da difendere), in Italia, e ancor più all'estero. Abbiamo suonato praticamente in tutti i paesi dell'Europa continentale, ma il nostro vero punto di riferimento è Amsterdam, dove c'è l'EMMA, un locale autogestito che dispone di un palco, una sala di registrazione, perfino un servizio di bar/ristorante. Lì abbiamo suonato spesso e fatto attività, fino a registrare il secondo 45 giri e produrre in collaborazione con l'etichetta collegata all'EMMA (si chiama De Konkurrent) il nostro album. Questo è successo la scorsa estate, adesso loro ci aiutano a distribuire il disco, tanto che sono riusciti a farlo circolare negli Stati Uniti attraverso la Mordam, che è un'etichetta collegata all'Alternative Tentacles dei Dead Kennedys».

Nell'immediato futuro, che farete?

«Vogliamo continuare a suonare dal vivo il più possibile, se ci riuscisse anche negli Stati Uniti. L'unico nostro modo per continuare a esistere è suonare dal vivo perché solo così puoi mantenere e rinsaldare il rapporto con la gente. Negli ultimi due anni di concerti siamo riusciti a farne circa un centinaio, una metà abbondante dei quali all'estero. A Torino suoniamo raramente perché mancano gli spazi autogestiti».

E guardando più in là...

«Non crediamo che questo possa essere un lavoro. Sì e no, quando andiamo in tournée, riusciamo a coprirci le spese. Se volessimo farlo, dovremmo aumentare le nostre richieste economiche, che a loro volta farebbero salire il prezzo dei biglietti, e quello non è il nostro intento. L'unica prospettiva, da questo punto di vista, è lavorare per l'allargamento e il consolidamento del circuito alternativo, anche se in Italia, dicevamo, la situazione è ora abbastanza complicata. II fatto che il punk italiano abbia avuto sempre una forte connotazione politica ha da un lato circoscritto le sue potenzialità spettacolari e dall'altro lo ha esposto alla repressione sistematica. Ciononostante la situazione non è disastrosa, perché almeno quelli che sono rimasti, che hanno resistito, hanno accumulato forza sufficiente per continuare a impegnarsi».

Abbiamo parlato poco della 'musica' dei Negazione, è vero. Ma questioni più urgenti meritavano di essere affrontate. Del resto, ormai che molti della musica fanno una questione squisitamente estetica (e addirittura, a volte, solo di etichetta), il punk non vive un periodo aureo, essendo musica ostica per scelta e vocazione. Sarebbe come pretendere una corretta calligrafia da chi deve invece scrivere urgenti s.o.s. e non ha certo tempo per dedicarsi al bello stile. Che lo spirito continui ancora, dunque; valga questo come nostro augurio personale di buona fortuna ai Negazione.

(di Alberto Campo)